La Valsugana vista da un viaggiatore inglese del primo Ottocento
Ceniocinquant'anni sono passati da quando Charles Joseph Latrobe, un giovane inglese che si era già affermato quale alpinista, viaggiatore e scrittore, arrivò a piedi in Valsugana dalla Svizzera. Era partito da Neuchatel alla fine di aprile del 1830 dopo avervi trascorso il rigidissimo inverno del 1829-30. Nei libro che scrisse su quel viaggio* e che intitolò « II Pedestre, vagabondaggio di un'estate nel Tirolo e nelle province adiacenti », nota infatti che il lago di Neuchatel si era ghiacciato nel 1515, nel 1573 e nel 1695, ma mai completamente come era accaduto in quell'inverno. Qualche anno avanti la Svizzera era stata l'ispiratrice del suo primo libro, « La Piccozza, bozzetti di vita e paesaggi - svizzeri », e di quel paese rimase grande ammiratore fin che visse. In Australia, dove più tardi si trasferì, divenne governatore generale del Nuovo Galìes del Sud, e a Melbourne gii venne eretta una statua, che ancor oggi si può ammirare, per i meriti acquistati nell'aver promosso lo sviluppo economico e amministrativo dell'Australia.
« II Pedestre » è oggi quasi introvabile, e chi scrive ebbe la fortuna di leggerlo lo scorso autunno, su segnalazione di un amico londinese, in una rarissima copia conservata ai Commonwealth Institute di Londra. Scritto in uno stile chiaro e scorrevole, è una miniera di notizie e giudizi di grande interesse, sulla vita e sui costumi dei paesi che Fautore visitava attraversando passi e valli in un'estate quasi torrida. Proprio a questo proposito Latrobe scrive che dal Borgo, dove arrivò il 19 giugno, e dove si lamentò tra l'altro di essere stato « pelato » (grieviously cheated) nella locanda dove passò la serata e la notte, partì prestissimo, mettendosi in viaggio alle 4,30 del mattino, poiché non era possibile, a causa del caldo, camminare dalle ore 11 in poi.
Lascio da parte ciò che dice sui paesi dove passò prima di arrivare a Trento, e dopo che dalla Valsugana si diresse verso il Veneto, il Friuli e Venezia, dove il suo vagabondare ebbe terimime, e mi soffermo su quanto scrive a proposito della gente e dei luoghi che a noi più interessano.
Già a Trento, dove rimase impressionato dal fracasso infernale che facevano gli asini e i muli, aveva osservalo che «le Srade sul fresco della sera, e anche dopo che si fa buio, risuonano di ogni sorta di giochi, sports, conversazioni e canzoni, e la gente sembra in ganerale essere molto allegra ». Ma quando arriva in Valsugana, e in special modo dopo aver oltrepassato Levico, non riesce a trattenere la sua ammirazione per le facoltà canore dei Valsuganotti. E così commenta: « Non ho mai avuto la fortuna di incontrare una simile allegra tribù canora quale è quella formata dai contadini della Valsugana (come viene chiamata questa prima parie del corso del Brenta). I loro canti erano straordinariamente melodiosi e le voci quali si possono udire solamente al Sud ».
Cantavano mentre raccoglievano le foglie dai gelsi per quella che allora era, e che per lungo tempo rimase, la « monocoltura » della Valsugana, e cioè l'allevamento del baco da seta. Latrobe dice testualmente che « la valle pareva fosse una foresta formata di gelsi intramezzati da viti »; e così continua: « Un albero su cinque aveva il suo gruppo di uomini e donne che stando sui rami o su scale coglievano la foglia e la mettevano in bianche lenzuola di lino ». I conladini mentre lavoravano cantavano a due voci e « sembrava fosse il caso a decidere se questi semplici cultori di armonie erano sul medesimo albero o in parti diverse dei campi di gelsi . . . Sembra che l'ispirazione agisca maggiormente su di loro il mattino e la sera. A mezzogiorno l'unica voce che si facesse udire era quella della cicala, il loquace membro della tribù delle locuste ».
Fa uno strano effetto pensare come vissero tranquilli e felici i nostri antenati di quei tempi. Tempi che tuttavia dovevano essere abbastanza duri. Economicamente e tecnologicamente si era al livello che oggi si direbbe da paesi in via di sviluppo, per non dire sottosviluppati. Forse la gente di allora, oltre che possedere una profonda fede religiosa, doveva saper apprezzare i vantaggi della pace e della tranquillità che si eranoinstaurate dopo la furiosa buriana delle guerre napoleoniche.
Come nota lo storico Franz Herre nel suo recente libro su Francesco Giuseppe — il quale nacque proprio nell'agosto del 1830 —: « L'Austria fino al 1848 era un paese rurale, con una struttura sociale a forma di piramide, e con una larga base di contadini che erano in generale contenti del loro stato, e non sapevano e non volevano concepire una condizione diversa. « Molti di essi avrebbero forse sottoscritto in fatto di concezione politica quanto pensava in questo campo il loro imperturbabile sovrano, ultimo imperatore del Sacro Romano Impero come Francesco II e primo imperatore d'Austria come Francesco I, il quale a chi gli raccontavaun un eminente servitore dell'impero quale grande patriota, rispondeva chiedendo: « Ma e un mio patriota? »
Lasciando da pane ogni elucubrazione di ordine storico e politico, penso farà piacere ai pochi innamora della montagna che ancura si ostinano a battere le vie impervie del versante valsugabutto del gruppo del'Ortigara sentire come lo descrive Latrobe: « Ho già menzionato che la valle del Brenta al di sotto del Borgo piega verso Sud. Proprio alla svolta riceve alcuni affluenti da Nord e Nord - Est. Scorre poi tra una doppia catena di montagne calcaree che, per il loro profilo, la loro struttura e per la luro scoscesa ripidezza, sono tra le più singolari di qualsiasi catena alpina della medesima formazion ».
Poiché un tale apprezzamento proviene da uno dei padri fondatori dell'alpinismo, gli affezionati della Val Caldiera, del Passo dell'Agnella, della Val Coalba, del Colazzo e della Maora, dello Zibilo e di Porta Molina, non possono non sentirsene fieri.
* « Thè Pedeslrlan: A Summer's ramble in thè Tyrol and some of thè adjacent Provinces », By Charles Joseph Latrobe, R. B. Seely and. Burnyided, London. MDCCCXXX.
T1TO GOZZER
Voci Amiche Set 1981